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Chi siamo

Il Forum è nato dalla giornalista Marilù Mastrogiovanni ed è organizzato da Giulia Giornaliste e dalla cooperativa IdeaDinamica, con l’obiettivo di “creare ponti, abbattere muri: promuovere una riflessione sul giornalismo delle giornaliste investigative, come presidio di Democrazia, dunque di Pace”.

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La giornalista ha sempre denunciato le operazioni repressive del governo di Ankara contro gli oppositori, le minoranze, le autonomie, le donne

La giornalista curdo-turca è stata tra le animatrici del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo 2017, durante il quale ha denunciato le atrocità compiute dal governo di Erdogan in tutto il Paese e, in particolare, in Kurdistan, dove la maggior parte dei media, compresi i canali tematici per bambini, sono stati ridotti al silenzio. “La Turchia – ha affermato Baysal al Forum – è una grande prigione per chi si schiera dalla parte della verità; centinaia di migliaia di persone sono in carcere, a migliaia hanno lasciato il Paese. Giorno dopo giorno il numero di giornalisti e scrittori arrestati aumenta, le voci critiche vengono zittite”. Riportiamo in coda un estratto del suo intervento.

Hanno sfondato la porta di casa, l’altrieri notte, arrestando la collega Nurcan Baysal, 42 anni, editorialista del T24, “colpevole” di criticare l’offensiva dell’esercito turco contro Afrin – l’enclave curda ai confini tra Siria e Turchia -, un assalto iniziato sabato 20 gennaio con raid aerei e proseguito via terra. La collega è nota per le sue posizioni democratiche e pacifiste, sia come giornalista e autrice di libri d’inchiesta sia come organizzatrice di programmi contro la povertà delle Nazioni Unite. L’ultimo suo tweet definiva “fascista” l’aggressione del governo Erdogan contro i curdi, tanto più che con sfoggio di cinismo lessicale le Forze armate turche avevano battezzato l’operazione “Olive Branch”. Un ramoscello d’ulivo carico di morte.

L’associazione di giornaliste Giulia è vicina all’amica e collega Nurcan Baysal, che con determinazione e accuse puntuali ha sempre denunciato le operazioni repressive del governo di Ankara contro gli oppositori, le minoranze, le autonomie, le donne. Solo stamane il suo avvocato, Reyhan Baydemir, è riuscito a parlarle, entrando nel braccio Antiterrorismo del carcere, e in serata incontrerà anche il Pubblico ministero.

Sono accuse che Nurcan aveva ribadite anche dal palco del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, a Bari, soltanto due mesi fa: “Chiunque racconti dei crimini perpetrati viene censurato, perseguito, rinchiuso in prigione. Chiunque sia dalla parte della verità viene accusato di essere un terrorista, di fare propaganda terroristica. Terrorismo, soprattutto dopo il tentativo di colpo di stato del luglio 2016 è la parola più diffusa per far tacere le opposizioni, la stampa, gli attivisti, gli scrittori”.

Nata a Diyarbakır nel 1975, diplomata alla Diyarbakır Anatolian High School e laureata presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Ankara, Nurcan Baysal si è specializzata presso la Bilkent University. Nel decennio 1997-2007 ha gestito progetti sullo sviluppo e la povertà a Diyarbakır e provincia sulla base del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite. Quindi dal 2008 al 2013 è stata direttrice del programma di sviluppo rurale presso la Fondazione Hüsnü Özyeğin, oltre che impegnata in organizzazioni solidaristiche che si occupano di migrazione forzata, povertà, sviluppo, donne e questione curda.

Nurcan Baysal è fondatrice con altri dell’Istituto di ricerca politica e sociale di Diyarbakır e in questa veste è consulente di varie organizzazioni e fondazioni di fondi internazionali come il Fondo globale per le donne e il Fondo di sostegno alle emergenze. Giornalista, scrive su diversi quotidiani e riviste in particolare di questione curda, di sviluppo e di povertà. I suoi libri “That Day” (2014) e “Civil Society in Kurdistan” (insieme a Şeyhmus Diken, 2015) sono stati pubblicati da İletişim.

Nurcan Baysal fa inoltre parte della “Piattaforma di Lotta per le donne detenute in modo forzato”, istituita a Diyarbakir nel 2015 per salvare le donne che sono state catturate e mantenute prigioniere dallo Stato islamico.

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